Risultati immagini per depressione post parto

Nasce un bambino, nasce una madre

Sono tante le ragioni per parlare di DPP che rappresenta una condizione tutt’altro che inusuale ma spesso nascosta o sottovalutata.

Diventare genitori rappresenta sempre un complesso momento di transizione nella vita di una famiglia. Sebbene le gioie di una maternità siano innegabili, il periodo postnatale è caratterizzato da un frenetico adattamento alle sfide che derivano dai nuovi ruoli di madre e padre. I neo genitorisi trovano ad affrontare la fatica di un profondo e necessario riassestamento dell’equilibrio personale, della coppia, e una rielaborazione di quella che è stata lapropria esperienza come figli.

Possono emergere sentimenti di fragilità e paure dovute ai cambiamenti fisici, sociali e psicologici, tutti concentratiin un periodo di tempo limitato; è possibile, pertanto, che la capacità di vicinanza emotiva nei confronti del bambino sia ostacolata dal riemergere di conflitti legati alla propria vicenda infantile.

La maternità presuppone un adeguamento della propria identità nel passaggio dall’essere figlia all’essere genitore. Questo processo, che inizia con la gravidanza e prosegue con la maternità, implica continui riadattamenti che coinvolgono l’intera personalità e la costruzione di una nuova immagine di se stessi.

Se questo cammino subisce dei rallentamenti o delle rotture, la donna non riuscirà ad accedere a una visione più integrata e coerente di sé come persona e come madre:è quello che accade nei quadri depressivi a esordio nel post partum.

Nel periodo successivo al parto, oltre ai complessi cambiamenti che riguardano l’identità della donna, si sviluppa anche la capacità di prendersi cura emotivamente e concretamente del neonato. Molto spesso la sintomatologia depressiva si riflette sugli scambi quotidiani tra la madre e il bambino: in particolare questedonne si sentono estranee alla relazione con il proprio figlio e irritabili verso chiunque stimoli una richiesta di attenzione. La madre, spesso disponibile sul piano fisico, non lo è sul piano emotivo e mentale, perché assorbita da preoccupazioni legate a sintomi depressivi. Una madre con depressione post partum prova un senso di incapacità nel rispondere ai bisogni del bambino.

Il mito collettivo del divenire genitori come un processo automatico e istintivo, contribuisce ad alimentare e ad acuire il senso di inadeguatezza di molte mamme. I neo genitori possono essere portati a considerare inaccettabili i propri naturali sentimenti contrastanti verso il neonato e sentirsi ancora di più in difficoltà, in una sorta di spirale discendente che può sfociare in un reciproco e progressivo allontanamento. Il tentativo di mascherare il proprio malessere, dettato anche dalla vergogna a condividere con altri tali vissuti, rende particolarmente difficile rilevare la presenza di sintomi depressivi nelle neo mamme.

Come afferma Rosella Sandri[1] , si potrebbe dire che nel corso di una gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino, le madri vivono spesso in una zona di turbolenza: si sentono esposte a sensazioni che fanno un po’ pensare alle contrazioni che precedono la nascita.

La madre dà alla luce non soltanto il bambino ma anche, spesso, le parti non nate, mi viene da dire embrionali, della propria personalità.

Forsevi sarà successo di trovarvi di fronte a un bambino che chiede “dov’ero prima di nascere?”. È una domanda che ci porta a pensare che ogni bambino SA che esiste un luogo mentale in cui si attende prima di nascere. Nel mio lavoro ho potuto condividere alcuni momenti di attesa che consentono alla madre, attraverso un lungo e graduale processo di elaborazione, di creare nell’attesa proprioquello spazio adatto a contenere l’immagine di sé come genitore e l’idea del bambino.

Nell’ambito degli interventi rivolti alla famiglia, la maggior efficacia sembra essere garantita dal sostegno alla relazione genitore bambino: un intervento precoce può ridurre lo stress e il conflitto, rafforzare l’interazione e sostenere i processi di sviluppo del neonato.

Prevenire la depressione in gravidanza e nel post partum oggi è possibile. Conosciamo i diversifattori di rischio e fattori di protezione; tra i primi familiarità e depressione pregressa sono i due principali campanelli d’allarme, ricordiamo anche una gravidanza non desiderata e scarsi o inadeguati supporti psico sociali. Ma esistono anche fattori di protezione, dalla preparazione di un ambiente accogliente e protettivo nei confronti della madre a un riconoscimentoprecoce dei segnali di rischio. Ricevere sostegno non solo da un punto di vista pratico ma anche emotivo si associa alla percezione, da parte della donna, di essere oggetto di cure e di stima.

Poterlo quindi comunicare alle neomamme diventa una priorità per consentire di vivere questo periodo in modo felice a quelle donne per cui la depressione è ancora un ladro che ruba la maternità. Non solo, non dimentichiamoci che la depressione post partum può colpire anche gli uomini che stanno per diventare padri. Negli uomini queste forme depressive sembrano essere provocate da fattori culturali. Ai nuovi padri viene viene chiesto di rinegoziare il proprio ruolo dopo la nascita di un figlio, di ribaltare tutto quello che era stato tramandato dai modelli tradizionali, , in linea con i mutamenti repentini che la società impone.

C’è anche una difficoltà di liberarsi di determinati stereotipi culturali. Questo cambiamento identitario, non è sempre facile da vivere e può farli sentire inadeguati, generando patologie depressive post partum.

Oggi attraverso proposte di intervento orientate alla promozione del benessere nel periodo pre e post natale, percorsi di accompagnamento alla nascita, con un ascolto rispettoso ma attento ai diversi segnali di disagio, si può quindi contribuire ad agevolare quelprocesso di maggiore consapevolezza emotiva e affettiva che può essere così determinante per l’instaurarsi di una relazione positiva madre-bambino e per il conseguente sviluppo infantile.

Dott.ssa Paola Molinari



[1] Psicologa-Psicoterapeuta Psicoanalitica, Didatta di Infant Observation-Bruxelles

Risultati immagini per gioco dei bambini

Attento ma non pauroso

Il modo di giocare di un bambino può dare numerose informazioni rispetto alla sua affettività, alla sua intelligenza e alla sua capacità di rapportarsi con il mondo esterno. Non solo: il gioco è l’espressione più manifesta dei conflitti, delle paure, dei desideri di un bambino. Il gioco è un momento di totale libertà durante il quale il bambino ha il permesso di “infrangere” le regole, capovolgere quei divieti con i quali lui si imbatte lungo la sua strada . È dunque fondamentale consentire al bambino di giocare il più liberamente possibile ogni volta che lo desidera.

È naturale nutrire il timore che il proprio figlio possa farsi del male, giocando. L’ansia eccessiva, tuttavia, rischia di suscitare in lui insicurezza o di ottenere l’effetto contrario.

Durante il cammino verso una maggiore autonomia, il bambino ha bisogno di poter affrontare una serie di esperienze che lo espongono a piccoli infortuni.

Il gioco è una conseguenza dell’esplorazione: il bambino vuole provare a muoversi più velocemente, vuole tentare di arrampicarsi, vuole allungare le mani anche verso oggetti che potrebbero ferirlo. A partire dai primi passi, i genitori sono chiamati a un compito delicato: proteggerlo laddove esiste un pericolo e, nello stesso tempo, lasciargli la possibilità di valutare le proprie capacità, affinchè possa misurarsi con l’ambiente che lo circonda.

A partire dal momento in cui il bimbo comincia a camminare, è bene distinguere i “NO” con tono di allarme in caso di pericolo effettivo da un “Questo è meglio di no” per dissuaderlo da azioni che di fatto non compromettono la sua incolumità, come ad esempio afferrare una borsa con l’intenzione di rovesciarne il contenuto.In questo modo non si creerà in lui confusione, bensì il bambino imparerà ad avere ben chiara la differenza tra quelle situazioni che possono esporlo a un danno fisico da quelle che, pur generando qualche problema, sono di minor portata.

Aiutarlo a risolvere i problemi, anziché sostituirsi a lui, gli permette di apprendere dall’esperienza la strategia per portare a termine un’iniziativa intrapresa.

Eliminare, poi, tutto ciò che può rappresentare per lui un pericolo, consente al bambino di esplorare , scoprire, giocare, senza doversi continuamente bloccare. Cercare di afferrare tutta una serie di invitanti scatoline per giocarci è un impulso irrinunciabile: meglio, pertanto, evitargli, tale tentazione.

Non dimentichiamoci che fino ai quattro-cinque anni, i genitori devono vigilare continuamente sull'incolumità del proprio figlio. Occorre del tempo affinchè il bambino acquisisca la consapevolezza che è possibile farsi del male e che valuti la reale pericolosità delle situazioni. 

Dott.ssa Paola Molinari

BREVE VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEI FALSI MITI CHE CIRCONDANO LA FIGURA DELLO PSICOLOGO...SCOPRIAMOLI
Risultati immagini per 10 pregiudizi sullo psicologo